<< La mafia esiste anche sul Gargano. In tutto il Gargano. La falsa credenza che i comportamenti delittuosi si possono circoscrivere all’interno dei territori di alcuni comuni, come se ci fossero dei confini invalicabili, è un’ autoconvinzione che serve a tenere chiusi gli occhi sulla realtà, perché certe volte è meglio non sapere che essere tormentati dai sacrifici che comporta una reazione. Convivere con un male antropologicamente anche garganico per accontentarsi di sopravvivere è vigliaccheria. Questo accontentarsi è la puzza di una palude ristagnata dove proliferano gli affari illeciti favoriti da consenziente ignoranza e consuetudini di mondi medioevali.
Un'altra falsa credenza è pensare che non si tratta di mafia ma di faida, cioè di scontri sanguinosi tra famiglie, originati da futili motivi che la vendetta ha protratto negli anni, come se si trattassero di fatti privati che non riguardano la comunità nella sua interezza. Come sostiene la prof. Francesca Scionti, la mafia garganica " non sarebbe una vendetta che si trasforma in faida, bensì una faida che recupera la vendetta intesa come idea della morale, nel tentativo, da parte degli agenti di faida, di costruirsi una cornice di senso capace di legittimare tramite il lessico culturale, l’accumulo capitalistico, non esclusivamente legale, di beni e ricchezza “. Le famiglie mafiose, usano valori arcaici presenti nel modus operanti garganico per una precisa strategia di impresa capitalistica. Come risulta dalle indagini del Procuratore Seccia, autore del libro “ la Mafia Innominabile” , gli affari mafiosi si sono spostati dalla montagna alla costa, dove i proventi del racket e del traffico di stupefacenti vengono rinvestiti in altre attività fuori dal territorio anche in collaborazione con altre mafie, soprattutto i Casalesi per la gestione dei rifiuti.
In questi casi, il primo urlo di indignazione è contro lo Stato il quale viene accusato di negligenza, ma quando questo interviene, la reazione del territorio non è delle più incoraggianti. Quando è stato istituito il Parco Nazionale la cittadinanza ha accolto un occasione di sviluppo e tutela del paesaggio con le barricate, la lotta all’abusivismo edilizio è stata sempre contrastata anche da politici che inneggiavano al “diritto” di possedere più case in ogni modo e in ogni luogo. Prima di chiederci cosa fa lo Stato per noi, chiediamoci cosa facciamo noi per noi stessi. La mafia con prepotenza vuole possedere il territorio e in questo modo lo deturpa. Pensiamo a come viene trattato il nostro ambiente, le nostre strade e i beni pubblici, il nostro patrimonio: non vengono deturpati dalla prepotenza dei cittadini che si accaparrano pezzi di terra per trasformali in discarica o per costruirci abusivamente? Come si può chiedere allo Stato di aiutarci quando noi siamo i primi che non reagiamo alla tentazione della prepotenza. Abbiamo paura anche a pronunciare la parola mafia, facciamo finta che da noi non esiste, o stigmatizziamo i fatti correndo subito a precisare che la stragrande maggioranza degli abitanti sono persone perbene. L’entusiasmo è minore quando si deve far sentire il sostegno a persone che reagisco agli abusi criminali per proteggere il nostro comune territorio, come la famiglia austriaca Pelikan che ama la nostra terra più di certi garganici cosiddetti “doc”. Placida è anche la voce di soddisfazione che si eleva ai numerosi ed importanti arresti compiuti dalle forze dell’ordine, come se queste azioni fossero fatti di cronaca che non ci riguardano. Profonda indifferenza. Perenne silenzio. Appunto una mafia innominabile.
Nessuno è inerme di fronte a questo male e chiunque può fare almeno due cose che non richiedono eroismo, per combattere questo cancro. Innanzitutto smettere di far finta che la mafia non esiste. Discuterne è l’inizio per incominciare a conoscerla per poterla affrontare, magari iniziando dai fatti che hanno coinvolga la ditta della gestione dei rifiuti del nostro comune. Inoltre si deve sterilizzare il terreno in cui cresce la cultura mafiosa con la pratica e la diffusione della legalità a favore dei beni comuni. In questo modo ci approprieremo anche di quella libertà che ogni giorno deve essere guadagnata e che la mafia un po’ alla volta ci toglie senza farcene accorgere. >>
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