Scrivo molto e mi sono fatto questa domanda. Ho trovato la risposta e mi identifico completamente in queste parole di Michela Marzano:
"Oggi una persona mi ha chiesto perché scrivo. Se avessi in
mente un pubblico ben preciso. Se ogni volta avessi un obiettivo particolare.
Già… perché scrivo?
C’è chi scrive per raccontare storie. Per far sognare. Per
divertire. E c’è chi ci riesce benissimo. Ci sono libri capaci di prenderci per
mano e accompagnarci alla scoperta di tanti universi diversi, fatti di storie
tristi o felici. In fondo poco importa. Ciò che conta è la scoperta e la
meraviglia. Mettere da parte il proprio quotidiano per vivere quello che
altrimenti non si sarebbe mai potuto conoscere.
C’è chi scrive per ricostruire il mondo. Dopo averlo
smontato per mostrarne i problemi. Per spiegare come ci si dovrebbe
comportare. Il giusto e il bene. Il
valore delle cose e il loro rispetto…
Io, però, non scrivo né per raccontare storie, né per rifare
il mondo.
Io scrivo solo perché non posso fare altro che scrivere.
Perché talvolta le parole irrompono. Perché è l’unica cosa che mi piace
veramente.
Scrivo per rintracciare il bandolo della matassa della mia
vita. Scrivo per fare chiarezza all’interno del mio cuore. Scrivo per mettere
delle parole su quello che provo. Scrivo per capire cosa sia l’amore…
In fondo, scrivo per me. Anche se talvolta qualcun altro si
riconosce in quello che scrivo… La magia della scrittura. Che sorprende chi
scrive forse ancora di più di chi legge…"
Alla risposta aggiungo soltanto che scrivo per
sentirmi parte di una comunità composta da persone che molto probabilmente concorda
in quello che dico ma non ha la forza o le parole giuste per esprimersi, così
come è capitato molte volte a me. "La paura degli esseri umani e di essere umani" è il verso di una canzone dei Marta sui Tubi, ma che racchiude il
senso di quello che in pratica voglio dire. Preferiamo essere fotocopie di un
manuale che se lo leggiamo neanche ci piace, piuttosto che scrivere il nostro
personale libro. Ogni libro narra storie diverse ma racconta la stessa morale
perché il protagonista è sempre lo stesso: un Uomo o una Donna. Manifestare
quello che si prova e si pensa è come liberare un uccello dalla gabbia, ma è
più rassicurante e apparentemente meno doloroso reprimere quello che, per il
senso comune è sconveniente, ma che molto probabilmente è quello che tutti
vorremmo ma non abbiamo il coraggio di dire. Quel che diciamo sono luoghi comuni, ripetuti
da tutti, impregnati alcune volte di volgarità e superficialità. Parole illuminate piene di significato, frutto di un laborioso contrasto interno e comprensione del mondo, possono diventare vacue, quando ripetute all'infinito come un rosario non riescono a scombussolarci il pensiero e a far germogliare il fiore del dubbio. Approfondire,
se stessi, facendosi aiutare da parole pensate e non urlate forse è più
complicato ma serve per leggerci dentro.
Infondo non siamo molto diversi anche se nell'apparenza cerchiamo di
essere uguali, ma quasi mai se stessi.
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